lunedì 6 giugno 2016

15. Da Fuenterroble de Salvatierra a San Pedro de Rozados (km. 29)

Sono esattamente a metà del mio cammino. La 15° tappa è una sorta di giro di boa nel cammino tra Siviglia e Santiago. Oggi i 29 km da percorrere sono di Cañada Real dehesas (campagne) solitarie, sempre tra i 900 e 1200 m. s.l.m., senza paesi o fonti d'acqua. Le guide suggeriscono di partire presto  per evitare il caldo e di portarsi acqua e cibo.
Si tocca il punto più alto della Via de la Plata: il Pico di Dueña. Proprio qui dove le pale eoliche afferranno il vento per trasformarlo in energia, anche il pellegrino viene investito da uno spirito di bellezza che lo ritempra nelle forze e nelle motivazioni. Sulla vetta un'alta croce di Santiago posta da Don Blas Rodriguez e dagli Amici del Camino de Santiago rende il luogo unico, come unico è il panorama che spazia verso la interminabile pianura di Castilla coltivata a cereali.
Con rapidità si scende dal Pico di Dueña, e si percorre un altro altipiano, con leggerissime ondulazioni. Alla fine, nascosto dietro una collinetta, sta San Pedro de Rozados.

Qui puoi trovare il FILE GPS e la MAPPA: FUENTERROBLE - SAN PEDRO

Da Fuenterroble de Salvatierra a San Pedro de Rozados, superando il Pico di Dueña.
Quando lascio l’albergue di Fuenterroble sento che mi costa fatica. O meglio, mi piacerebbe trovarne uno simile stasera. Fuenterroble è uno degli albergue, dove lo spirito di accoglienza è veramente di casa. Lo stesso risveglio è un momento fatto di gesti semplici, sempre uguali, di abitudini che giorno dopo giorno si sono consolidate ma poi c'è questa colazione già preparata dai volontari che non è fatta di due cosette tanto per dare un segnale, ma di caffelatte, thè, pastine, frutta, fette biscottate, marmellate, burro, pezzi di torta... Non è un caso che qui trovo il maggior numero di pellegrini a piedi incontrato finora sulla Plata, tra cui Federico e Simona di Nocera Umbra e Andrew di Reggio Emilia.

Da Fuenterroble si segue la carretera DSA-240 che si dirige a Casafranca.
La chiesa di Santa Maria la Blanca di Fuenterroble (sec. XV). La chiesa sorge sui resti di un tempio romano. In stile gotico ha l'aspetto esterno una piccola fortezza con torre.



Dopo un km da Fuenterroble si lascia l'asfalto e si prende a destra una pista di terra.



La stradina di campagna che corre perfettamente rettilinea a tagliare un vasto altipiano immette in una cañada che ancora ricalca il tracciato della calzada romana.

Altri miliari romani.


Nell'altopiano pascolano diversi bovini.




Lungo il cammino trovo diverse croci dove fanno sosta i pellegrini della Via Lucis.

La Sierra de Béjar.






Il miliario del miglio 154
Miliario del miglio 163.


In corrispondenza di un mojon la cañada si infila in un boschetto con cancello. Da qui il cammino diventa un labirinto tra alberi e sentieri dove bisogna prestare attenzione alle indicazioni. 


Un probabile rudimentale rifugio notturno per pellegrini.




La Sierra de Béjar.


Sempre in lontananza la Sierra de Béjar.


In corrispondenza di un bivio si deve abbandonare il cammino e prendere il sentiero a sinistra che inizia l'ascensione al Pico di Dueña.



La salita prima dolce si fa poi più ripida.


Le pale eoliche sul Pico di Dueña.

La dehesa salmantina









La croce di Santiago sul Pico di Dueña.
Dove la vegetazione si dirada, lo sguardo si allarga sull'immenso altopiano in basso.


Al Pico di Dueña incontro gli amici pellegrini francesi che mi precedono.
La croce di Santiago, giusto a metà del cammino de la Via de la Plata, è stata posizionata sul punto più alto della Via (1.168 m. s.l.m.) nel 1997 per opera di Don Blas Rodriguez e la Associazione degli Amici di Santiago con l'intento di emulare i "milladoiros" che si incontrano lungo il Cammino Francese e ricordare che è un cammino di "fede".






Dal Pico di Dueña si apre un balcone naturale che si affaccia sulla grande pianura agricola (dehesa salmantina) sottostante.



La discesa su sentiero nel bosco è breve e porta all'asfalto della carretera DSA-204.

I luoghi solitari favoriscono la presenza di nidi di cicogne




La carrettiera DSA-204 che conduce a San Pedro de Rosados e proviene da Frades de la Sierra è priva di traffico. Da qui ci sono ancora 12,5 km per San Pedro de Rosados.




Mi superano due bicigrine spagnole che stavano all'albergue di Fuenterroble.

La grande porcilaia nei pressi dell'aldea di Calzadillos de los Mendigos.

L'arroyo de lo Mendigos dal ponte che lo attraversa.

La fattoria di Calzadilla de los Mendigos.
Procedo ancora tra asfalto e rettilinee piste di terre nel mezzo del solitario altipiano dove regnano campi di grano e pascoli.


Si deve superare un modesto rilievo prima di San Pedro.




Straordinarie querce padroneggiano su tutta la natura loro circostante.



Una leggera discesa mi porta a San Pedro de Rozados.

La chiesa dedicata a San Pedro (sec. XVII)
Buona l'accoglienza al nuovo albergue "Mutatio Elena" il quale purtroppo non mette a disposizione l'uso della cucina.
Alla fine del giorno i km percorsi sono 29 per un dislivello complessivo di m. 440.

POST SCRIPTUM
Dopo 15 giorni di cammino il pellegrino è molto cambiato. Tante paure sono svanite. Lo spirito si è fortificato. Le distanze e gli eventi atmosferici non preoccupano. Gli incontri si fanno più profondi e veri perché autentici e senza maschera. Il cammino però continua e chiede perseveranza, umiltà, fatica e abnegazione... Come nella vita: ogni traguardo raggiunto diventa una ripartenza.
Anche il rapporto con il tempo è cambiato. Il pellegrino afferra il suo tempo. Non si lascia afferrare dal tempo. Scegliendo questo modo di andare, afferma la sua sovranità sul calendario, la sua indipendenza dai ritmi sociali, il suo desiderio di posare la borraccia a lato della strada per potersi gustare un bel sonnellino o per contemplare la bellezza del paesaggio come ho fatto sul Pico di Dueña.
Il viandante è ricco di tempo, ha la fortuna di spenderlo per visitare un villaggio, per contemplare un paesaggio, per familiarizzare con gli animali, per seguire un corso di un fiume o per attraversare un bosco. L’orologio è cosmico, il viaggiatore è in un tempo rallentato a misura del corpo e del desiderio.
Qualcuno parla di “cultura del passo” come cura contro i tormenti dell’effimero, come fuga temporanea dalla normale frenesia. Il tempo trascorre con i passi, anzi il tempo è i passi stessi.
Il pellegrino entra in un altro spazio e in un altro tempo; tornare ed andare a piedi, a vivere ad un’altra velocità, a vivere nella fatica e nella gioia, a ritrovare il gusto dell’acqua e dell’ombra e del vento, del pane e del vino, ed incontrare gli uomini e le donne senza il perfido “non avere tempo”, che è diventata oramai una caratteristica dell’uomo moderno e che spesso impedisce di riconoscere l’importanza e il potenziale di ciò che ci sta attorno.

Nessun commento:

Posta un commento