mercoledì 1 giugno 2016

10. Da Caceres a Cañaveral (km. 45)

L'odierna 10° tappa è la più lunga del cammino. A renderla particolarmente impegnativa non è stata solo la lunghezza ma soprattutto il sole e il caldo delle ore centrali del giorno. In compenso la varietà dei panorami e l'unicità dei paesaggi hanno ampiamente ricompensato gli sforzi.
Sino a Casar de Caceres si cammina su carretera, priva di marciapiedi, in rettilinei lunghissimi. Fortunatamente la percorro nelle prime ore del mattino e con il beneficio del fresco. 
Dopo Casar de Caceres si cammina a lungo ma piacevolmente sul filo di colline, in saliscendi continui. In prossimità dell’embalse de Alcantara il cammino a causa dei lavori per Alta Velocità viene deviato sulla carretera A-630. Essendo poco trafficata decido di rimanervi per 19 km fino alla destinazione di Cañaveral evitando di riportarmi sulla straccia del cammino originale.

Qui puoi trovare il FILE GPS e la MAPPA: CACERES - CAÑAVERAL

Da Caceres a Casar de Caceres (km. 11)
Da Casar de Caceres a Cañaveral (km. 34)
Parto da Caceres mentre ancora è assopita e forse per il buio o per il sonno sbaglio subito strada...
Praza de Toros (costruita 1846)
Il monumento dedicato a Las Lavanderas nella omonima via.
Caceres alle mie spalle.
La strada per Casar de Caceres è un nastro d'asfalto in discesa piuttosto trafficata da auto velocissime già dalle prime ore del mattino. Tutte le guide consigliano: meglio affrettare il passo e levarsi questo tratto il prima possibile.



Il cammino esce dalla carretera a sinistra procedendo parallelo alla stessa.


A 3/4 del percorso tra Caceres e Casar c'è il sottovaso dell’autostrada che in giornate di sole è l'unica ombra assicurata.
Dopo circa 11 km da Caceres entro a Casar attraverso dei viali alberati con fontane. Da qui per 33/34 km non sarà più niente: acqua, cibo, bar... Quindi bisogna avere una buona scorta d'acqua e cibo.


Il verdeggiante Passeo Extremadura di Casar de Caseres: meraviglioso viale alberato con panchine e gazebo che mi accompagna fino al centro del paese.


Il monumento dedicato al singolare maestro di letteratura classica Ángel Rodríguez Campos. Arrivo ancora giovane a Casar nel 1913 e per 40 insegnò i classici vestendo come Omero e Sofocle la tunica, il manto e i sandali. 

Calle Larga Alta
Calle Larga Bassa.

L'Ayuntamiento di Casar.

L'ermita di Santiago. Originaria dei sec. XIII-XIV anche se l'aspetto esteriore risente di notevoli modifiche. All'interno conserva la cappella originale e una immagine di Santiago a cavallo.





Uscito da Casar inizia la lunga cañada real Soriana.


Il "Chozo": una costruzione a forma circolare utilizzata dai pastori come ricovero per la notte.




Dopo il "Chozo" si va a dx per 7 km sul piano, prima tra recinzioni in filo spinato e poi tra muri di pietra.

Lo sterrato sale, anche se moderatamente, fino a un altopiano ondulato.


Per la scarsa vegetazione sui lati, lo sguardo spazia su un territorio vastissimo, che mi trasmette un senso di inadeguatezza e di fugacità.


Mucche e tori dall’aria bonacciona.

La cañada diventa sempre più stretta, con una striscia di sterpaglia secca sui lati addossata al muretto. 
Trovo una serie di miliari.




Finca La Higuera.


Il paesaggio si fa sempre più brullo quanto più ci si avvicina all'embalse de Alcantara.


Dopo la lunga camminata sull’altopiano arrivo a una costruzione colonica abbandonata che reca sulla facciata alcuni teschi di animali. L’attenzione però è subito calamitata dallo spettacolo che si scorge in lontananza: l’embalse de Alcàntara.
Dopo 1 km dalla casa colonica il cammino scende e dopo alcuni cartelli che impediscono l'accesso per i cantieri dell'AVE, una svolta a "U" conduce verso il basso alla carretera sottostante.

Si intravedono i grandi cantieri per la realizzazione di un ponte per l’Alta Velocità.

Mezzogiorno è passato e il caldo si è fatto davvero terribile. Per giunta di ombra non c’è traccia. Rimedio fermandomi a mangiare un po' di frutta sotto un nuovo cavalcavia dell'AVE.
Oltrepassato il cavalcavia dell'AVE scendo in direzione della carretera A-630
Così dopo i 15 km percorsi sulla calzada romana in mezzo a pascoli, informato delle interruzione del tracciato ufficiale del cammino a causa dei cantieri dell'AVE, decido di proseguire sulla carretera national A-630 fino a Canaveral. Sono 18 km di asfalto che seguono il profilo dell'enorme embalse de Alcantara. All'incrocio con la A-630 un operaio sotto l'ombrellone dirige il traffico delle numerose betoniere che transitano verso i cantieri dell'AVE.
La carretera nacional A-630 in direzione di Cañaveral 
L'embalse de Alcantara con il ponte ferroviario.
L'embalse de Alcantara fu costruito nel 1969 e sotto le sue acque scomparvero tutte le vestigia della Via de la Plata che transitava lungo questo tratto del Rio Tajo.







Il grande ponte sopra il Rio Almonte. Il Rio sfocia sull'embalse.





Una stazione ferroviaria nel nulla della linea regionale Madrid-Caceres.



Il ponte sul Rio Tajo, il più grande fiume della Spagna. Anch'esso alimenta il bacino artificiale.






Il cammino sull'asfalto, senza traccia di ombra, per il caldo si fa davvero pesante.
Verso la fine dell'embalse.
I resti del ponte romano di Alconétar. Oggi resta veramente poco del ponte originale che attraversava il Rio Tajo. Il ponte, un tempo lungo 290 con 16 archi, oggi è stato parzialmente traslato più in alto per sottrarlo dalle acque dell'embalse. Il ponte originale venne costruito da Traiano nel sec. II d.C. e con il Rio Tajo rappresentò un frontiera naturale di grande importanza tra il mondo arabo e cristiano durante il tempo della Riconquista. Il ponte coincide esattamente con la confluenza della Via de la Dalmacia (calzada romana della Lusitania che collegava Coria e Ciudad Rodrigo) con la Via de la Plata.


Inizia la salita verso Cañaveral.
Da lontano intravvedo Cañaveral.

Dalla carretera vedo il ponte medioevale di San Benito su cui passa il cammino ufficiale.
Ecco Cañaveral dove passerò la notte.
Alle porte di Canaveral la provvidenziale fonte di San Benito.

La chiesa parrocchiale di Santa Maria a Canaveral (sec. XIV). Per la notte mi appoggio presso l'Albergue privato Canaveral. La struttura è ben tenuta anche se un po' cara (€. 15 solo per dormire) considerato che non dispone né di cucina né di un frigorifero a servizio dei pellegrini che qui arrivano veramente provati dal caldo e dalla distanza percorsa.
I km oggi percorsi sono quasi 45.

POST SCRIPTUM
Scrive Baden-Powel: “Ci sono due modi per scalare una montagna. C’è chi sale su dritto seguendo il
sentiero fatto dagli altri o indicato nella guida; tiene gli occhi fissi su quel sentiero per non perderlo; la sua idea fissa è di farcela ad arrivare in cima. C’è invece un altro tipo di alpinista che è ugualmente ansioso di arrivare in cima, ma che guarda più lontano; guarda avanti a sé e in alto e vede le varianti che a causa di frane si possono fare rispetto al sentiero preesistente e varia il suo percorso di conseguenza. Di quando in quando si ferma a guardare intorno a sé per rendersi conto della vista spettacolosa che ogni tanto si apre e si dispiega dinnanzi a lui; e così il suo animo si riempie di gioia ed entusiasmo che rendono leggero il suo compito e gli danno una rinnovata spinta per continuare. Inoltre guardando indietro si rende conto che le colline che ha tanto faticato per superare sono ormai semplici ponticelli e ha la possibilità di fare segnali agli altri ancora impegnati nella prima parte della scalata per dare loro indicazioni ed incoraggiamento. Così il secondo alpinista compie la sua scalata con gioioso entusiasmo, anziché, come l’altro, con un’ascensione tenace, ma seria e faticosa”.
Oggi mi sono sentito un po' dell'uno e un po' dell'altro alpinista descritti da Baden-Powel. Ho cercato di puntare dritto alla meta, conoscendo la lunghezza della tappa, ma mi sono anche concesso momenti "contemplativi" del territorio dove mi sono trovato a camminare. Alla sera arrivo molto stanco ma soddisfatto. Però devo fare attenzione a non cadere in preda all’ossessione contemporanea di non “perdere” tempo nell’attraversamento. Ho letto che a distinguere il "pellegrinaggio" dalla "vacanza" è la fretta, ovvero il più grande fardello che ci si porta da casa, e che diventa in un "viaggio" un assurdo controsenso che mira a fare dello spostamento un trasferimento da un qui ad un altro qui, di meta in meta nel più breve tempo possibile.
È importante non solo dove si va, ma come si va: fa una grande differenza, talvolta importante quanto la meta stessa.

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